Città:
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Anno:
1800
Liutaio:
Anonimo
Da “
Il Museo della Musica” di Artemio Versari
Gli strumenti a pizzico sono fra tutti gli strumenti a corda, i più antichi. Essi sono infatti i più elementari, in quanto possono essere messi in vibrazione direttamente dalle ditte dell’uomo, senza ch’egli debba ricorrere, per farlo, a determinati oggetti quali l’arco o un qualsiasi percussore.
Fra i più antichi rappresentanti di questa categoria citiamo l’arpa egizia, la lira greca, il monocordo, il salterio e il liuto. Quest’ultimo derivò probabilmente dallo strumento arabo chiamato ùd che significa legno.
I portoghesi lo definirono alaude, gli spagnoli laud, i tedeschi laut, gli inglesi lute, i francesi luth, e gli italiani lauto, leuto, liuto.
Lo strumento ebbe durante il Medioevo ed il Rinascimento un’importanza enorme. La sua storia va divisa solitamente in due periodi: il primo, dal secolo XI al XV, di lenta e graduale diffusione, in cui esso mantenne pressoché inalterate le sue caratteristiche originali; il secondo, di grande diffusione, nel quale invece si costruirono numerose varietà (arciliuto, tiorba, chitarrone, ecc.), e che durò fino alla definitiva affermazione degli strumenti ad arco e a tastiera, che lo sostituirono gradatamente.
La conquista e occupazione della Spagna da parte dei Mori viene indicata come l’origine dell’introduzione dello strumento nel vecchio continente e Venezia, quale porta d’Oriente deve avere contribuito ulteriormente alla sua diffusione.
E’ interessante notare come i liuti ancora oggi in uso nei paesi arabi presentino rimarcabili similitudini con quelli raffiguranti nei dipinti dell’età medioevale e, in parte, di quella rinascimentale. Il liuto è costituito da una cassa armonica convessa, fatta di liste di legno (doghe) e chiusa da una tavola piatta in mezzo alla quale si trova la rosa, un’apertura tonda spesso finemente traforata. Alla cassa è attaccato un manico con tastiera che termina in un cavigliere, originariamente rovesciato all’indietro ad angolo retto.
In un primo tempo il liuto era provvisto di quattro corde appaiate a doppie. Nel corso del XV secolo venne aggiunto un quinto coro nel registro acuto e a poco a poco, dalle quattro paia iniziali; il numero crebbe fino alle dieci-undici. Per quanto riguarda l’accordatura essa variava notevolmente da nazione a nazione non solo, ma perfino da una regione all’altra. Il liuto orientale veniva suonato, e lo è tuttora, con un plettro. La sua funzione si espletava, essenzialmente, come strumento melodico, suonando fondamentalmente una singola linea melodica con l’aggiunta probabilmente di accordi in presenza di cadenze e di altri passaggi importanti.
Molto spazio veniva lasciato ad elaborate improvvisazioni.
Nella seconda metà del XV secolo si verificò un cambiamento significativo: l’evoluzione della tecnica della mano destra, che condusse lentamente all’abbandono dell’uso del plettto.
Questo cambiamento fu di estrema importanza perché portò all’invenzione di quel particolare sistema di notazione cui venne dato il nome di intavolatura.
Ecco la chiara definizione che dell’intavolatura per liuto diede il Tommaseo:
Sistema particolare d’intavolar la musica del liuto, tiorba, chitarra ed altri strumenti, usato né passati secoli, che consisteva nel tracciare in forma di rigata sulla carta le corde dello strumento e sovr’esse indicare con numeri e con lettere i tasti che conveniva toccare per ottenere i suoni e gli accordi. Ed è proprio grazie alle intavolature per liuto che sono giunte fino a noi molte composizioni strumentali tra cui stupende canzoni, arie e danze.
I principali sistemi di notazione in uso in Europa erano quelli italiano, francese e tedesco.
Nessuna composizione scritta ci è pervenuta dal Medioevo.