Liutaio:
Anonimo
Da “
Il Museo della Musica” di Artemio Versari
L’oboe, strumento ad ancia doppia e a tubo conico, ha un antenato illustre nell’aulos greco, ed altri meno famosi, ma più prossimi, della dulciane, nelle bombarde, nei pommer, nei bassanelli. Esso entrò nelle orchestre nel tardo Seicento, e vi rimase per qualche tempo come strumento di raddoppio, ma venne ben presto acquistando un ruolo sempre più di rilievo.
Il suo timbro dolce ed insieme patetico, ne suggeriva l’impiego, specialmente in teatro, per le situazioni tenere; si rese addirittura d’obbligo per scene di carattere pastorale.
Anche per questo strumento, come per il flauto si provvide ad arricchire le possibilità tecniche dei primi tipi, unicamente provvisti di fori, aggiungendo man mano sempre più chiavi.
I nomi dei perfezionatori dell’oboe sono quelli di Delusse, Sellner, Lavigné (il quale introdusse nell’oboe gli anelli del sistema Böhm), ma soprattutto del fratelli Triebert. L’impianto da loro dato alla tecnica costruttiva dell’oboe è lo stesso che serve di base per lo strumento del giorno d’oggi.